Racconti di Sebastopoli

 

Sebastopoli nel dicembre dell'anno 1854

L'aurora comincia appena a colorire le vette del monte Sapun: la superficie azzurro-cupa del mare siè gia liberata dell'oscurità notturna e aspetta il primo raggio di sole per giocherellare col suo gaio luccichio. Dalla baia soffia una brezza fredda, che porta la nebbia. Neve non ce n'è. Tutto è nero, ma l'aspra gelata mattutina pizzica il viso e scricchiola sotto i piedi. Il silenzio è violato solo dal lontano, incessante scroscio del mare, coperto di tanto in tanto dai colpi che rombano a Sebastopoli. Sui bastimenti tutto sembra morto. Si ode la campana: è l'ottava volta che batte.

Sulla Sjèvernaja comincia il movimento della giornata e, a poco a poco, sostituisce la quiete della notte: dove si fa il cambio della guardia con rumore di fucili, dove il medico si avvia frettoloso verso l'infermeria, dove un soldatino sbuca fuori da una baracca, si lava con acqua ghiacciata il viso abbronzato e, voltandosi verso l'Oriente che si tinge di rosso, si fa presto il segno della Croce e prega Dio; dove un'alta pesante mazdara (specie di carro), tirata da cammelli, s'incammina cigolando verso il cimitero nel quale saranno sepolti i cadaveri insanguinati di cui è carica fin quasi al sommo ...

da "I Racconti di Sebastopoli" di Leone Tolstoi

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